Artusi si affrancò dai francesismi; gli Artusiani si affrancano dall’inglesismo

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Teatro Naturale

Gli Artusiani: ritornare al territorio e alle produzioni locali

Recuperare lo spirito di Pellegrino Artusi, tornando ai territori, a partire dal linguaggio. Abolire il food e parlare di cibo. In occasione della Festa Artusiana la minaccia di un’invasione della cultura gastronomica nazionale

La Festa Artusiana di Forlimpopoli, dal 20 al 28 giugno, ha già riservato qualche sopresa.

Nel corso del convegno “Dammi la tua ricetta” sono confluiti nella patria dell’Artusi i principali protagonisti della cultura gastronomica italiana: dagli storici Massimo Montanari, Alberto Capatti e Piero Meldini, agli esperti del linguaggio Giovanna Frosini e Paolo Fabbri, sino a Grazia Menechella dell’Università del Wisconsin-Madison che ha dell’opera artusiana negli States con un viaggio che arriva sino a Martin Scorsese.

Il convegno ha preso in esame la cucina attraverso i secoli, dalle complicate ricette di Apicio a quelle dei libri di cucina medievali, così simili alle coeve raccolte di ‘segreti’ medicinali; dalle ricette spesso ridondanti dei trattati rinascimentali e barocchi a quelle dei cuochi sette-ottocenteschi, scritte in un quasi irritante gergo ‘francioso’; dalle ricette di Pellegrino Artusi, finalmente puntuali e in limpido italiano, alle videoricette di YouTube e dei blog: le ricette di cucina hanno mutato, nei secoli, impostazione e linguaggio.

E proprio il linguaggio è stato al centro del dibattito, come riportato dall’Ansa.

“Dobbiamo recuperare lo spirito di Pellegrino Artusi – ha aggiunto la studiosa toscana -. Così come il gastronomo alla fine dell’800 ha affrancato il linguaggio della cucina dal francesismo, così oggi deve essere fatto nei confronti dell’inglesismo imperante nel nostro lessico”.

Sfida culturale alquanto impegnativa se si guarda all’imperversare di termini come food e show coking: “E’ una sfida complessa che riguarda il mondo della comunicazione, e non solo la cucina – ha sottolineato lo storico Massimo Montanari – Quel che è certo è una sfida culturale: chi parla inglese, pensa poi inglese”. Il paradosso in effetti è sotto gli occhi di tutti. La cucina italiana è l’emblema dell’Italia nel mondo, tuttavia nei nostri confini l’invasione di termini stranieri avanza sempre di più. Tornare, dunque, allo spirito dell’Artusi si presenta come la sfida di inizio XXI secolo. Condivide anche l’altro storico, Alberto Capatti: “Il gastronomo di Forlimpopoli paradossalmente ha trovato nuovi spazi e presenze nei tanti blog che affollano il panorama della cucina. La tecnologia, in sostanza, ha amplificato la sua presenza. Un limite però c’è: Artusi viene estraniato dalla sua dimensione storica. Non si può citare l’Artusi senza conoscerlo nella sua proposta culturale”.

Anche perché, come sottolinea il semiologo Paolo Fabbri, “una ricetta va al di là delle istruzioni per l’uso e della prescrizione di come si realizza un piatto: è lo specchio di qualcosa di molto più profondo e complesso”.

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