In Italia oltre 4200 ristoranti in meno

Da winenews.it                        

 

Oltre 4.200 ristoranti in meno in Italia nel 2013, con 11.000 posti di lavoro persi. Eppure istituti alberghieri rimangono al top nelle scelte degli studenti, per un cuoco che è sempre più “2.0”. Così Tirreno C. T. (Carrara, da oggi al 26 febbraio)

La ristorazione è, senza dubbio, una delle risorse più importanti dell’Italia. Sia dal punto di vista economico che occupazionale, considerando anche l’indotto su molte altre filiere (della produzione agricola e alimentare in primis, ma non solo), che da quello dell’immagine internazionale e dell’attrattiva turistica, visto che la buona tavola è uno degli aspetti del Belpaese più amati nel mondo, e che attira milioni e milioni di turisti ogni anno.

Eppure, non mancano le difficoltà, se si guarda al saldo (dato 2013) tra le attività che anno aperto (8.730) e quelle che hanno chiuso (poco più di 13.000), che è negativo per oltre 4.290 realtà. E anche sul fronte dell’occupazione, nonostante i 648.316 posti di lavoro dai in media nel 2013, dal 2011 si sono perse comunque 11.000 unità, con 3,9 addetti impiegati per impresa, su una media Ue di 5,1. Emerge dall’edizione n. 35 di “Tirreno C.T.”, la fiera dedicata al mondo della ristorazione e dell’ospitalità (a Carrara Fiere fino a giovedì 26 febbraio, www.tirrenoct.it), Nell’incontro su “I Valori della Cucina Italiana”, promosso dall’“Ordine dei Maestri di Cucina”.
Nondimeno, la ristorazione rimane uno dei percorsi lavorativi su cui i giovani italiani continuano a puntare di più, tanto che per l’anno scolastico in corso gli Istituti alberghieri sono la seconda scuola scelta dagli studenti delle superiori, con 49.000 domande di iscrizione, rimanendo il più gettonato tra gli istituti professionali, di cui rappresenta il 9,2% del totale nazionale.
Ma come cambia il cuoco, fulcro di ogni ristorante? Deve essere sempre più tracciabile, sano, biologico, ma anche tecnologico e comunicativo, caratteristiche vanno incontro alle esigenze del consumatore di oggi che si aspetta piatti semplici, non tanto conditi, ma con sapori che rispecchino le materie cucinate. E la comunicazione dei piatti è sempre più importante, attraverso il menu che, a differenza del passato, deve essere più dettagliato, raccontato, ma con una semplicità di comprensione sempre più alta. Il cuoco 2.0, insomma, deve essere bravo a studiare i menu, seguire le tendenze dei consumatori, a scegliere i collaboratori e a gestire la propria attività a 360 gradi, ma anche intelligente in cucina, introducendo novità, ma anche salvaguardando i sapori e i piatti della tradizione. Altre che attento alla salute, cercando prodotti e materie prime che non facciano male alla salute del cliente, ma anzi che al contempo portino benefici reali, pur potendo godere di una buona cucina.
Tornando ai numeri della ristorazione, emerge che i ristoranti hanno superato i bar: un fenomeno, spiegano da Tirreno C.T., frutto di una evoluzione del mercato che si è accompagnata al cambiamento del sistema delle regole grazie ai quali gli imprenditori privilegiano di qualificarsi come ristoranti, anziché bar, per disporre di maggiori gradi di libertà commerciale. Anche tra i ristoranti le ditte individuali costituiscono la maggioranza delle imprese. Poco meno di una su due è organizzata secondo tale forma giuridica, e al Sud di superano soglie del 60/70% del totale, come in Calabria e non solo. Le società di capitale sono il 15,5% del totale con punte del 32% nel Lazio e del 18,4% in Lombardia.

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