In Italia basta cacciagione da piuma al ristorante !?

dal sito “Gambero Rosso:

Selvaggina da penna vietata nei ristoranti. Parlano Corelli, Uliassi, Pompili

Il GAMBERO ROSSO, con un articolo firmato Stefano Polacchi , titola:

“Selvaggina da penna vietata nei ristoranti. Parlano Corelli, Uliassi, Pompili” . Il link è il seguente:

Il servizio prosegue: “L’Italia e la cacciagione: rapporto complicato. La selvaggina da piuma si può consumare, ma non commercializzare. Praticamente ognuno può provvedere al proprio consumo personale, ma dimenticate di trovarne nei ristoranti, neanche se in seguito a un acquisto regolare all’estero, dove invece è legale e regolamentata. Partita la prima denuncia, facciamo il punto sulla situazione.

L’Italia ha deciso: la ristorazione italiana ha chiuso completamente con beccacce, beccaccini, alzavole o fischioni. La cacciagione nobile da penna è vietata nelle carte dei ristoranti. Così gli agenti del Corpo Forestale hanno cominciato a scoprire i rifugi segreti in cui queste carni vietatissime erano clandestinamente trattate: con tanto di catalogo, fatture, verifiche mediche e veterinarie. Sui “caveau delle carni” scherziamo. Tutto sembrava essere regolare.

LA CRONACA

Ma quando un importante chef della capitale – non vogliamo fare il nome per sua tutela – si è visto sequestrare sette alzavole, quattro beccacce e un beccaccino, l’allarme nei ristoranti italiani è scattato davvero. E non è bastato, per l’ignaro chef, opporre certificati e fatture con tanto di catalogo ufficiale da cui le ordinazioni erano state effettuate (di Selecta, per non citare le fonti!): la denuncia è scattata ugualmente. E le carte sono ora passate in mano all’avvocato. Noi per un pelo non abbiamo pubblicato sul numero di marzo del Gambero Rosso, che esce a giorni, un articolo del suddetto chef dal titolo: Beccaccia & Montepulciano. Se fosse uscito, ci sarebbe stata l’aggravante? La premeditazione? Ma abbiamo approfondito la notizia. Memori di una copertina del mensile di ottobre del 2012 che titolava: Caccia, la carne del futuro. Oggi rischieremmo l’ergastolo o quanto meno il rogo sulla pubblica piazza (delle copie del mensile!). Così abbiamo chiamato il re dell’alzavola, il romagnolo Igles Corelli, che della cacciagione ha fatto uno dei suoi caratteri distintivi. “Porca miseria!” esclama al telefono lo chef di Atman “certo, per la ristorazione italiana è uno smacco grande, viene a mancare un grande ingrediente in cucina! E poi, anche se non ho avuto il tempo di rifletterci a fondo, credo pure che quando si toglie valore commerciale a un animale, il rischio che si estingua diventa maggiore”.
LA LEGGE Ma cosa succede? Succede che in Italia c’è una legge, la 157 del 1992, che vieta la commercializzazione delle specie selvatiche non riproducibili (quindi allevabili) cacciate in Italia: ovvero, si possono cacciare, nei limiti fissati dalla legge, ma non vendere. Poiché però questa norma dava – o almeno così sembrava! – la possibilità di commercializzare quelle specie cacciate e vendute a esempio in Scozia, allora ecco che si è pensato di modificare la legge con un decreto (il numero 91) del 2014: divieto esteso alle specie cacciate fuori dall’Italia.
SELECTA E così il cerchio si chiude. Soprattutto si chiudono – anzi si sigillano – le celle frigo di Selecta a Occhiobello (Rovigo) che di quelle bestiole ne aveva appena acquistate 1.200. “Certo, la caccia alla beccaccia in Scozia è in gennaio ed è questo il momento in cui si acquista per tutto l’anno – sorride Guido Bruzzo, uno dei soci fondatori dell’azienda di distribuzione di alta qualità per la ristorazione “Ci hanno sequestrato le beccacce e ci hanno imposto la loro custodia. Il sequestro, avvenuto venerdì, ancora non è stato convalidato. Ma se la convalida ci sarà, faremo come per le texturas di Adrià, che a distanza di 6 anni ancora stanno nei nostri magazzini sotto sequestro, mentre la Clementoni commercializzava addirittura un gioco per bambini sopra gli 8 anni con gli stessi materiali delle texturas: alginato di sodio, agar agar e gluconolattato di calcio. Il punto è che quelle beccacce cacciate in Scozia in modo controllato, regolare e certificato anche sul piano sanitario, le posso trovare legalmente nei ristoranti di Lubiana: che per me è anche più vicina di quanto lo sia Roma”. Dice, e continua poi: Ma in Europa non vale – o almeno dovrebbe valere – il principio di libera circolazione delle merci? Se una cosa ha origine legale in uno dei paesi membri, può essere commercializzata ovunque. Ma questo sembra non valere più, in Italia almeno. Perché quelle stesse beccacce vendute dalla stessa ditta scozzese le trovate legalmente a Parigi, a Bruxelles, a Londra. Solo l’Italia ha posto questo veto. Hanno senso i controlli e i relativi registri (molto restrittivi) Cites per le confezioni di anguilla affumicata o marinata, o per il caviale essendo lo storione protetto dalla convenzione internazionale di Washington cui la Russia non aderisce. Ma che senso ha alzare questi divieti che discriminano i diversi paesi Ue? Tanto più in un Paese in cui invece tutta la cacciagione che gira legalmente è nei fatti all’80% illegale, al nero, non controllata da nessun veterinario, a cominciare dal cinghiale. E questo perché non ci sono macelli che fanno la raccolta della selvaggina abbattuta regolarmente”.
IL PARERE DEGLI CHEF Siamo andati, così, a rompere le scatole anche al divo incontrastato della cacciagione, Lucio Pompili, chef, patron e anima pulsante del Symposium di Cartoceto: un vero e proprio tempio della cucina di caccia e a base di erbe selvatiche. Sorride Lucio: “Certo, queste specie da penna sono vietate sulle tavole dei ristoranti, ma non nelle cene tra amici” fa subito lui “in realtà l’Italia punisce e vieta, ma non educa. I cacciatori italiani, all’estero, li riconosci subito: prima sparano e poi vedono a cosa!”. Sempre la solita ipocrisia, base ormai consueta di molta della politica e della burocrazia di casa nostra. “Occorre saggezza, visione etica, conoscenza antropologica” afferma Pompili “occorre sapere cosa si fa, quanto si prende e quanto si lascia… Basta ricordare quando sullo Stelvio vietarono la caccia totalmente, anche per gli abbattimenti selettivi: serviva a isolare e scoprire i bracconieri. La caccia di frodo venne azzerata. Ma il divieto rimase: in poco tempo ci furono così tanti stambecchi che un’epidemia di congiuntivite li sterminò tutti. Ecco dove porta la cecità di chi vieta senza analizzare le situazioni e comprenderne i diversi ambiti. L’etica è importante, così come è importante il versante antropologico e ambientalistico di un tema come quello della caccia”. Fa eco a questi ragionamenti una domanda di Bruzzo: “Ma perché in Italia l’allevamento, l’ambiente, la caccia non danno alcun reddito mentre in altri Paesi sì e con una tutela dell’ambiente anche maggiore che da noi?” E ora? Bah, forse tra dieci anni, quando si sbroglierà la matassa giudiziaria, potremmo essere invitati a una grande cena nella sede di Selecta in cui verranno fatte fuori le 1.200 beccacce sequestrate venerdì scorso e custodite nei frigo di Occhiobello. Anche solo per non perdere memoria di questi sapori. Perché, come sostiene Lucio Pompili, “il ricordo della carne di beccaccia è indimenticabile”.
Oltre il sapore, però, c’è l’aspetto umano, antropologico, come dice Pompili. A questo proposito vale ciò che ci disse Mauro Uliassi di Senigallia – chef sulla sabbia dell’Adriatico – in quel famoso gambero Rosso di ottobre del 2012, dedicato appunto alla cacciagione: “Con la caccia ho un rapporto viscerale, erano le uscite con papà e zio, erano le chiacchiere al bar. Certo, proporre un menu di caccia qui sul mare può sembrare stravagante. E invece no. Caccia e pesca sono entrambe attività ancestrali. La carne per me è la caccia. E poi selvaggina e pesce sono simili anche in altro: hanno poco grasso, non oltre il 5%, e prediligono cotture veloci”. Dunque, anche sane. E chiudiamo ancora con Corelli: “La selvaggina è sempre stata la carne per eccellenza, fino a non molti anni fa era il mangiare dei signori, i pochi che potevano cibarsi di carne. Era per i ricchi, ma era anche indubbiamente una pietanza sana, ricca di nutrienti, senza colesterolo… Ed è sicuramente la carne del futuro! L’unico problema è renderla controllata e sostenibile”.

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